Focus

Lo stile del “servire”

L’Università Cattolica ha uno dei suoi punti di forza nei servizi allo studente: dall’Orientamento al Servizio Stage e Placement, passando per tutti i servizi per il Diritto allo Studio gestiti da EDUCatt; un sistema complesso visto con gli occhi di un lavoratore dell’Ateneo.

“Chi  non vive per servire, non serve per vivere”. La citazione è importante, perché è uno dei più indovinati aforismi di Papa Francesco, una persona che, in tema di servizio, ha qualcosa da dire. Non è per prenderla larga né per unire il sacro al profano ma non è per nulla banale che la parola “servizi” – entrata  nel linguaggio comune e tecnico come un’area economica o come un insieme di attività – discenda direttamente dal verbo “servire”. È proprio così, per rendere un” buon servizio” bisogna “mettersi al servizio”, bisogna servire. Non basta, insomma, organizzare, pianificare, strutturare bene un’attività, serve anche uno stile. Che è quello che ho sempre visto coltivato in Università Cattolica, nell’attitudine di tanti colleghi di mettere sempre al centro la persona che si ha davanti, dallo studente al docente. Non perché “il cliente ha sempre ragione”, dato che qualche volta va un po’ anche educato, ma perché i servizi sono fatti sempre per l’altro, per il suo bene. Penso all’accoglienza che ricevono gli studenti quando si avvicinano all’Università per scegliere il proprio percorso, accompagnati dal servizio Orientamento, prima, e dal tutorato, poi. Alla dedizione, paziente e operosa, di chi incontra gli studenti nelle segreterie. Penso all’ascolto attento che tanti docenti mettono nel ricevimento studenti. O alla professionalità con cui il Servizio Stage e Placement avvicina i ragazzi al mondo del lavoro. Ma non dimentico servizi forse meno appariscenti, dalla ristorazione ai collegi, dalle biblioteche a tutto l’ampio capitolo del diritto allo studio universitario gestito da Educatt.

Se lo stile del servire può fare la differenza, ma rientra in quel grande capitolo che gli psicologi del lavoro chiamano soft skills, come valutare la bontà di un servizio? Se c’è una preoccupazione che ho colto nella gestione dei servizi da parte della Fondazione Educatt è proprio quella di non sfuggire alla valutazione, come strada maestra per “servire” i propri destinatari.

Quattro sono le strade che mi sembra siano perseguite per raggiungere questo obiettivo: la forte propensione all’ascolto dei “clienti”, utilizzando anche strumenti di rilevazione sofisticati; la grande attenzione alla comunicazione, il più possibile efficace per parlare chiaramente e rendere semplice la fruibilità dei servizi; la forte ricerca di innovazione, secondo standard sempre più elevati e moderni (penso al processo per arrivare a un badge dello studente valido in tutte le università europee); infine, la tensione a “rendere conto” ai propri destinatari. Rientra in quest’ultima strategia, la scelta di stilare (ancora prima che lo facesse l’Università Cattolica) il proprio Bilancio di missione, come strumento per “rendicontare” i servizi ma anche per strutturarli mentre li si eroga, avendo sempre presenti i propri stakeholders. Saper rendere conto di quello che si fa è, in fondo, il miglior servizio che si può offrire.

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