Riflessioni

Verso il 2 giugno: Laura Bianchini, una donna per le donne del futuro

A Roma, nel punto che unisce il primo tratto del percorso ciclopedonale a quello che conduce al Policlinico Gemelli, è stata posta nel 2015 la lapide in memoria di Laura Bianchini, una delle ventuno Donne della Costituzione. Federica Mancinelli, dell’Ufficio Stampa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ci racconta la storia di questa donna straordinaria, che fu “lievito della democrazia”.

La pista ciclopedonale che unisce i quartieri di Monte Mario all’area di Monte Ciocci, nella zona Nord della città di Roma, è intitolata a sette delle ventuno donne che presero parte ai lavori dell’Assemblea Costituente, l’organo legislativo che dal 1946 al 1948 si riunì per dare vita alla Costituzione della Repubblica Italiana.

Fra le sette lapidi che segnano il passo alle migliaia di cittadini in cerca di aria aperta anche quella dedicata a Laura Bianchini, insegnante e poi preside nella città di Brescia, persona impegnata, partigiana, deputata della Repubblica.

Le bambine che sanno già leggere, fra un gioco e una passeggiata, alzano lo sguardo e leggono i nomi di donne che non conoscono e che sedimentano nei ricordi dell’infanzia, quelli più densi e duraturi.

Più avanti, ricordando le domeniche assolate, cercheranno le biografie di chi videro solo camminando e sapranno che Laura, una giovane di Castenedolo in provincia di Brescia, dopo la laurea in Filosofia e Pedagogia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, diventa presidente della Federazione Universitaria Cattolica Italiana, grazie alla quale entra in contatto con Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI e che in questi anni germoglia il suo antifascismo, mentre diventa maestra elementare, poi preside dell’Istituto Magistrale, quindi docente di Storia e Filosofia presso il Liceo Ginnasio “Arnaldo” di Brescia.

Impareranno che prima la giovane Laura inizia a scrivere libri scolastici per la casa editrice La Scuola, ma poi la vocazione politica la porta a scrivere diversamente: anche in Italia soffiano venti di guerra e la professoressa Bianchini, nel 1943, entra nella redazione di “Brescia libera”, giornale antifascista dove crea volantini e testi clandestini. Sapranno che la sua casa, sede di riunioni con esponenti politici e militari dell’antifascismo, viene un giorno perquisita dalla polizia fascista e Bianchini decide di trasferirsi a Milano dove organizza i soccorsi ai detenuti politici di San Vittore e il salvataggio degli ebrei.

Leggendo la sua storia, arriveranno all’inizio del 1944 quando Laura entra nella brigata partigiana di orientamento cattolico “Fiamme Verdi” per la quale coordina il foglio clandestino “Il ribelle”. La guerra finisce, la sua attività politica no: insieme al gruppo di “cattolici impegnati”, fra i quali Giuseppe Lazzati, Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Gianni Baget Bozzo, si impegna nella “Comunità del Porcellino”, un think tank che riflette, condivide e studia soluzioni per il Bene comune, in una elaborata sintesi di posizioni spesso diverse.

E nel 1946 la biografia arriva a Roma: Laura Bianchini viene eletta all’Assemblea Costituente nelle fila della Democrazia Cristiana, nel 1948 deputata del Parlamento Italiano dove si occupa dei temi della politica scolastica, con particolare attenzione alla scuola non statale, collaborando direttamente con il Ministro della Pubblica Istruzione. Non ricandidata, nel 1953 la professoressa Bianchini torna alla sua prima vocazione: l’insegnamento, sulla cattedra di Storia e Filosofia del Liceo Classico “Virgilio”.

Ed è a Roma, dove muore nel 1983, che dal 2015 la lapide toponomastica di Laura Bianchini è posta nel punto che unisce il primo tratto del percorso ciclopedonale a quello che conduce al Policlinico Gemelli: alcuni metri che, soprattutto nei tempi più intensi della pandemia, anche molti medici e operatori sanitari hanno percorso, a piedi o in bicicletta, per recarsi ogni giorno al lavoro.  Insieme a lei Bianca Bianchi, Angelina Merlin, Rita Montagnana, Teresa Noce, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi: una accanto all’altra, in una staffetta ideale, le Madri costituenti sono sempre idealmente in movimento, vegliando sulle evoluzioni sociali e sulla vita cittadina, a ricordo della nostra storia.

Le bambine che presto sapranno leggere e anche scrivere, guarderanno queste lapidi sapendo che se si vuole si può: anche se erano solo ventuno, le Donne della Costituzione furono lievito della democrazia, in una società profondamente diversa da quella attuale, dall’anno in cui le donne votarono per la prima volta.

E capiranno che le epoche evolvono, ma nei princìpi e negli obiettivi nobili non cambiano. Cambiano solo le persone: quelle che, passandosi il testimone, scelgono di spendersi generosamente per il Bene comune, così:

Come tutti i tempi, anche quest’ora ha le sue nobiltà, le sue grandezze, la sua provvidenzialità…
È questa l’ora in cui urge per tutti un appello e un impegno a un interiore arricchimento di motivi spirituali e contemporaneamente a una azione generosa e ardita perché nella società i fermenti più sani si affermino, lievitando la massa

(Laura Bianchini)

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