Storie

Una musica leggera

Una canzone notissima negli anni Ottanta-Novanta, un Collegio dell’Università Cattolica e i fuochi della contestazione: una testimonianza, leggera, della vivacità dell’ambiente collegiale, non semplice pensionato ma luogo di confronto tra ironia e cultura.

Luigi Manconi (1948) è stato uno studente del Collegio Augustinianum, in Università Cattolica a Milano, proprio mentre dall’Università Cattolica nasceva quel movimento che avrebbe scosso l’Italia come una «rivolta», spesso non capita dalle generazioni precedenti, ma testimonianza di una libertà – dialettica, di pensiero, anche di fede – che sempre avevano informato il progetto dei Collegi dell’Ateneo dei cattolici italiani.

Il Sessantotto, la Contestazione, era in realtà iniziato nell’ottobre 1967 con le assemblee studentesche contro la delibera di aumento delle tasse universitarie e si sarebbe chiuso dopo tre occupazioni, duri interventi e sgomberi da parte della polizia, espulsione degli studenti che avevano guidato la rivolta: Mario Capanna e Luciano Pero – anche ospiti del collegio Augustinianum – e Michelangelo Spada, mentre altri si trasferivano in Statale e qualcuno degli assistenti veniva allontanato per aver mostrato troppa simpatia verso il movimento.

L’Università e il collegio Augustinianum cercavano di tornare a una normalità non priva di ombre e timori; alla direzione del Collegio a Tiziano Treu succedeva Roberto Ruffilli, figlio di operai che poi sarà ucciso dalle Brigate Rosse nell’aprile del 1988.

Luigi Manconi si sarebbe poi laureato in Scienze politiche alla Statale, dopo essere stato espulso dalla Cattolica nella coda del Sessantotto, e sarebbe diventato dirigente dei Laureati cattolici dell’Azione Cattolica, poi insegnante universitario.
Come altri tra la calda fine degli anni Sessanta e la metà dei Settanta si sarebbe iscritto a Lotta Continua, poi avrebbe iniziato una nuova stagione della propria vita. Compagno (per lunghissimo tempo, e poi marito) di Bianca Berlinguer, eletto senatore negli anni Novanta e sottosegretario di stato alla Giustizia nel secondo governo Prodi, è un sociologo e anche un critico musicale piuttosto noto, autore con Valentina Brinis di un bel libretto di qualche anno fa, La musica è leggera. Racconto su mezzo secolo di canzoni, Il Saggiatore Milano 2012 (il racconto che ci interessa è alle pp. 380-389).

Dei suoi anni in Collegio Enzo Balboni, a sua volta professore in Università Cattolica e prima studente e vicedirettore del Collegio Augustinianum, ha ricordato [nel 2011, ma prima nel 97] come nel novembre 1968, in Collegio Augustinianum, in uno dei goliardici interrogatori di rito che una volta costituivano una parte integrante dell’accoglienza dei nuovi arrivati in Collegio, Manconi rivelasse per la prima volta la sua aspirazione di paroliere solfeggiando il distico «Solo una sana e consapevole libidine / salva il giovane / dallo stress / e dall’Azione Cattolica». Salvo ritrovarlo, molti anni dopo, tale e quale nel titolo e nelle strofe della famosa canzone di Zucchero Fornaciari del 1987, figlio di un ambiente del tutto diverso da quello che venti anni prima solfeggiava marcette nel cucinino di un Collegio dell’Università Cattolica di Milano.

In effetti lo stesso Zucchero, nella sua autobiografia del 2011 Il suono della domenica – Il romanzo della mia vita, attribuisce il titolo della canzone a una frase del suo professore di geometria dell’Istituto tecnico per chimici di Carrara. Uno che, dice Zucchero, proprio nel ’68 o nel ’69, «entrava in classe. Allungava le gambe sulla cattedra e leggeva l’Unità».

«Solo una sana e consapevole libidine», inserito nel 1987 nell’album Blue’s, che vendette oltre 1 milione e mezzo di copie

Manconi suppone che una frase da lui scritta e giocosamente ripetuta in qualche situazione collettiva («una frase che io avevo, con tutta probabilità, ripreso da qualcun altro e da qualche altra tradizione orale») si sia riprodotta e ripetuta nei luoghi e negli anni, in qualche convegno nazionale, a Roma o a Palermo. Fino a giungere, chissà come, all’orecchio di qualche autore di canzoni o di qualcuno che l’autore aveva frequentato.

Umori e idee dunque che circolavano e si alimentavano a vicenda, mentre ciò che accadeva a Carrara diventava sempre meno dissimile da quanto accadeva a Milano, e magari un professore di geometria poteva influenzare o essere influenzato da uno studente della Cattolica che a sua volta traeva ispirazione da qualche altra parte, in un incrocio di idee, di musica «leggera» che vent’anni dopo si sarebbe ritrovata in un successo internazionale, raccontando più o meno esplicitamente «tutto lo spirito di una parte significativa di una generazione: […] un’appartenenza, quella all’associazionismo cattolico, vissuta per la prima volta – forse nell’intera storia dell’associazionismo cattolico stesso – senza fondamentalismi e senza settarismi; e l’autoironia era una cifra stilistica che avrebbe accompagnato tutta una fase della storia dei movimenti collettivi, sopraffatta troppo spesso da un clima e da un linguaggio che l’ironia negavano e addirittura mortificavano».

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