Semplicità e semplificazione
Se di fronte a una realtà sempre più densa di informazioni la tendenza è quella di ridurre approssimando, alla semplicità è auspicabile giungere riflettendo sulle virtù della sottrazione: potrebbe volerci più tempo di quanto appaia a prima vista, ma valerne la pena, finendo per restituire al destinatario una comunicazione più precisa e accurata.
Di fronte a una realtà complessa, a un mondo che si muove rapidamente ed è pieno di informazioni — persino troppo pieno, come ricordava Gillo Dorfles in un famoso libro dedicato all’arte (Horror Pleni. La (in)civiltà del rumore) — la reazione più comune dopo lo spaesamento è quella del riassunto, della riduzione dei contenuti, della ricerca di immediatezza, della “semplificazione”. È un atteggiamento che inizia dalla lingua: «Si cammina verso una evidente semplificazione della lingua. Asciugare il vocabolario, privilegiare il ricorso alle parole più frequenti, semplificare la sintassi, fa ormai parte della “necessità” comunicativa odierna […]. Si comunica a flash di immagini»: a constatarlo qualche tempo fa era il prof. G.L. Beccaria (Per difesa e per amore. La lingua italiana oggi, Garzanti, Milano 2006), ma la tendenza è andata applicandosi a molti altri campi, dalla grafica e dal design (dal «less is more» al «less, but better») persino alla legislazione – per un certo periodo è esistito persino un apposito Ministero per la semplificazione – e ha continuato a crescere ulteriormente negli ultimi anni.
Niente di male; ma il fatto è che l’affermazione trova sempre più spesso il suo corollario nell’approssimazione linguistica, a vantaggio della rapidità: la diffusione veloce di un breve messaggio è meno dispersiva nella comunicazione quotidiana, ma comporta un impoverimento del lessico e una certa imprecisione nella trasmissione del contenuto.
Non deve essere, però, per forza così.
Ci vengono in aiuto come altre volte le Lezioni americane di Italo Calvino — un delizioso libretto proiettato al secondo millennio la cui ideazione nel 2024 compie quarant’anni, che continua a mostrare tutta l’attualità di una riflessione portata avanti con semplicità, ma senza approssimazione.
Tra gli altri temi Calvino affronta quelli della leggerezza e della rapidità; la prima «si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso»; la seconda permette la «felicità dell’espressione verbale, che in qualche caso potrà realizzarsi per folgorazione improvvisa, ma che di regola vuol dire una paziente ricerca del “mot juste”, della frase in cui ogni parola è insostituibile, dell’accostamento di suoni e di concetti più efficace e denso di significato».
Per ottenere un’espressione semplice (rapida e leggera), insomma, potrebbero essere necessari più tempo e una maggiore attenzione di quanto, con noncuranza, potremmo pensare a prima vista.
Non si tratta soltanto di togliere, ma soprattutto di saper bene che cosa togliere. Come ci ricorda il padre (o forse lo zio) del design italiano, Bruno Munari, in fondo «complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare».
Non è che l’eliminazione di alcuni stilemi, il passaggio dei congiuntivi a indicativi, la contrazione degli -ismi (o al contrario il loro utilizzo esteso e riassuntivo) o la riduzione del numero dei paragrafi di un testo aiutino automaticamente la perspicuità di un testo o di un messaggio; descrivere una realtà complessa non sempre viene meglio con poche parole, soprattutto se queste sono scelte a caso da un vocabolario ridotto.
Come in una famosa canzone, si tratta di cercare quelle giuste, di parole, fare in modo che ci appartengano – va bene anche scoprirne di nuove, oggi la ricerca digitale ci sostiene moltissimo – per «trovarle», o meglio per usarle, alla bisogna, con naturalezza.
Il fatto è che, come ha detto qualcuno, la semplicità è un concetto complesso: richiede accuratezza e attenzione, e una ricerca adeguata; senza le quali si rischia una semplificazione che taglia il messaggio fino a renderlo un borborigma: il nostro stomaco ci dirà che abbiamo fame, ma non sarà in grado si spiegarci il valore del cibo.