Riflessioni

Sotto il monte, al margine del prato, ho raccolto dei fiori: per ogni tipo tre

Il 14 marzo è la giornata internazionale del paesaggio e il 21 marzo è la giornata internazionale della poesia. Poesia e paesaggio, nella storia della letteratura, hanno sempre camminato assieme. Lo fanno ancora ora, come si può leggere da tre testi tratti da Ritorno a Planaval di Stefano Dal Bianco

Il paesaggio può essere lo spazio su cui la poesia attecchisce, e come una radice si sviluppa, sempre più in basso, e quindi più in alto, verso il nutrimento e il sole. Nella nostra letteratura, almeno dal Petrarca dei Rerum vulgarium fragmenta, questo scambio fecondo, in cui il paesaggio vive nella poesia e la poesia si espande in esso, è uno dei cardini fondamentali su cui si sfogliano alcune delle pagine più belle che siano mai state scritte.

Come dimenticare i Canti di Leopardi? O i testi degli Ossi di seppia di Montale? Ma anche le poesie più ispirate e delicate di Carducci, Pascoli e D’Annunzio? Senza ritornare ai noti e conosciuti, e ai grandi, anche oggi si scrive nel paesaggio.

Lo ha fatto Stefano Dal Bianco, nel suo libro più bello, e uno dei migliori degli anni zero, Ritorno a Planaval, uscito nel 2001 per Mondadori e ristampato nel 2018 da LietoColle. Il libro è il racconto doloroso di un percorso verso un amore portato via dalla morte, Nelly, e che rivive nella conca di Planaval, un minuscolo paesino in Valgrisenche, una delle valli del sud della Val D’Aosta, compresa tra le più note di Cogne e di La Thuile.

Stefano Dal Bianco

***

Nel mentre mi avvicino e mi scuoto di dosso la città,
sento lo sfinimento che mi viene da te.

Come una trota che risalisse la dora
vengo di nuovo nell’azzurro
alla tua pace senza forze

***

Sotto il monte, al margine del prato,
sotto il torrente di Planaval,
non lo dico per vezzo,
ho raccolto dei fiori:
per ogni tipo tre.

Per una persona, li ho presi, che da tanti anni è morta eppure ancora forse abita qui e
non ci fa compagnia e dei fiori forse non le importa, né del paese che è cambiato.

Nell’incertezza forse li ho raccolti,
a tre a tre,
con esattezza ripetendo un brivido.

Nell’incertezza di farlo per me.

Nell’incertezza di volere che tu,
che non conosci questo posto
che non ci sei mai stato
e che ora leggi il mio diario,
vedendo i fiori ti commuova
e mi venga vicino e capisca
chi al margine del prato abita ancora
e con il monte respira
e mescola con l’acqua la sua voce,
e ci sovrasta.

***

Stando di fronte e sotto a questo monte
se l’aria è ferma lo si può abbracciare
ma l’occhio non lo può mettere a fuoco.

È come se tutto vibrasse
come se la terra si muovesse, tutto intorno
e il torrente sul punto di spaccare tutto, urlando
prestando la sua voce trattenuta ai larici
che sono nella nebbia, ci chiamasse
ci chiedesse di restare per sempre.

Abbiamo fatto finta di volerlo scrivere
e ce ne siamo andati, per paura.

Simone Biundo

Simone Biundo (Genova, 1990) è insegnante di lettere a Genova in una Scuola secondaria, è editor della rivista «VP Plus», è ricercatore indipendente di storia dell’editoria e della letteratura. Ha pubblicato poesie su «Neutopia», «Margutte», «Poesia del nostro tempo» e «Nuovi Argomenti». Per Interno Poesia è uscito il suo primo libro di poesie, "Le anime elementari" (2020). Con il poeta Damiano Sinfonico, l’attrice e linguista Sara Sorrentino cura la rassegna di poesia contemporanea , poet. – alla libreria Falso Demetrio. Qui in EDUCatt collabora come ghostwriter, SMM e content manager.

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