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Pagine di… cibo!

Quanti modi ci sono per raccontare il cibo? La risposta è innumerevoli, almeno quante sono le situazioni in cui il cibo entra nelle nostre vite.

Di certo, uno dei nostri preferiti è la pura e semplice esposizione di una ricetta, meglio se scritta con stile sublime ed evocativo. Il pensiero, date le premesse, va immediatamente al libro dei libri della tradizione culinaria italiana, la Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene. Manuale pratico per le famiglie di Pellegrino Artusi. Pubblicato per la prima volta nel 1891 (ma aggiornato dall’autore fino alla sua morte, nel 1911, e fra pochi giorni di nuovo in libreria con La nave di Teseo ) e conosciuto in seguito per antonomasia, il libro entra nelle case e nella storia italiana per la straordinaria sintesi di cucina e linguaggio. I pilastri sono le gustose ricette delle tradizioni romagnolo-bolognese e toscano-fiorentina e una lingua di stile medio, sintatticamente chiara e dal lessico studiatissimo. Ogni ricetta è esposta in tono cordiale e moderno, e l’invito a cucinare è servito. Leggiamo questa strepitosa introduzione all’arte di fare gelati:

«Leggevasi in un giornale italiano che l’arte del gelare appartiene eminentemente all’Italia, che l’origine dei gelati è antica e che i primi gelati a Parigi furono serviti a Caterina dei Medici nel 1533. Aggiungeva che il segreto restò al Louvre poiché i pasticcieri, cucinieri e ghiacciatori fiorentini della reggia, non diedero ad alcuno conoscenza della loro arte, di modo che i parigini attesero più di un secolo ancora per gustare il gelato. […] Sarete quasi sicuri di dar nel gusto a tutti i vostri commensali se alla fine di un pranzo offrite loro dei sorbetti, oppure un pezzo gelato, specialmente nella stagione estiva. Il gelato, oltre ad appagare il gusto, avendo la proprietà di richiamare il calore allo stomaco, aiuta la digestione. Ora poi che, essendo venute in uso le sorbettiere americane a triplice movimento senza bisogno di spatola, si può gelare con meno impazzamento di prima e con maggiore sollecitudine, sarebbe peccato il non ricorrere spesso al voluttuoso piacere di questa grata bevanda. Per risparmio di spesa si può recuperare il sale, facendo evaporare al fuoco l’acqua uscita dalla congelazione».

Questa incursione nel passato (ancora dal fulgido futuro: chi mai ha più raccontato così bene l’arte della cucina?), ci fa venire il desiderio di conoscere di più della storia dell’arte culinaria. In Italia il catalogo dell’editore pugliese Laterza è un repertorio ricchissimo, anche perché vanta tra i suoi tanti titoli i libri di Massimo Montanari. Grande affabulatore e storico del cibo di fama mondiale, Montanari tra i suoi meriti ha quello di raccontare la cucina come il luogo principe della contaminazione, per sfatare e collocare il mito delle origini dei prodotti e delle loro trasformazioni sotto la giusta lente interpretativa.

Uno degli esempi? Gli spaghetti al pomodoro. Icona delle icone italiane (come non ricordarsi di Alberto Sordi?), la pasta nasce assieme alle prime culture stabili, nel medio oriente mesopotamico, poi persiano, per approdare sulle coste greche (la chiamavano làganon), e poi su quelle romane (làgana, termine che oggi identifica un tipo di pasta lunga in alcune regioni meridionali), ma solo come ingrediente. A importare l’innovazione di seccare la pasta di grano duro, in Italia, furono gli arabi. In Sicilia, dalla metà del XII secolo, si ha infatti notizia della prima industria di pasta secca e lunga – cioè itriyya – della storia ma si dovette aspettare ancora qualche secolo prima che si potesse usare il pomodoro, importato dalle regioni dell’America Centrale. Purezza di una tradizione? Sì, ma come risultato dell’umanità.

Ma il cibo e la cucina è anche e soprattutto organizzazione e industria. Lo sa bene Antonio Preanò che nel suo libro in uscita presso CEF Publishing, Guida alla ristorazione collettiva, riporta tutte le premesse e le fasi di studio e di lavoro per costruire e gestire un’impresa in grado di soddisfare ogni giorno centinaia di utenti. Il sommario, vera guida nella guida, articola il libro in capitoli agili e precisi: Storia della ristorazione, La mensa, La gestione del servizio, Le materie prime, Le variabili economiche, Controllo dell’appalto, Cenni sulle normative HACCP e il case study Mensa&Caffè. 23. Con una avvertenza, leggibile già nella premessa:

«La verità è che per gestire correttamente e con successo questo tipo di ristorazione è necessario insistere proprio sul piacere di cibarsi. I principi di base della ristorazione rivolta al pubblico, dalla sicurezza alimentare all’osservanza delle norme che ne vincolano i vari aspetti, restano fondamentali: ma il concept e il racconto dell’esperienza quotidiana del cibarsi, cioè le dimensioni tradizionalmente più tipiche della ristorazione commerciale – per intenderci quella di cui chi mangia «decide» di servirsi – sono gli elementi che possono fare la differenza anche nella ristorazione collettiva».

Viva il cibo e la cucina, dunque. Anche se, come ci ricorda il filosofo Silvano Petrosino in un libretto uscito qualche anno fa per Vita e Pensiero, non si vive di solo pane: con tutto il senso metaforico, simbolico e meditativo che possiamo fruttuosamente trarne.

Simone Biundo

Simone Biundo (Genova, 1990) è insegnante di lettere a Genova in una Scuola secondaria, è editor della rivista «VP Plus», è ricercatore indipendente di storia dell’editoria e della letteratura. Ha pubblicato poesie su «Neutopia», «Margutte», «Poesia del nostro tempo» e «Nuovi Argomenti». Per Interno Poesia è uscito il suo primo libro di poesie, "Le anime elementari" (2020). Con il poeta Damiano Sinfonico, l’attrice e linguista Sara Sorrentino cura la rassegna di poesia contemporanea , poet. – alla libreria Falso Demetrio. Qui in EDUCatt collabora come ghostwriter, SMM e content manager.

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