Salute

Veg, tra mode e rischi per la salute

Seguire una dieta vegetariana o vegana è una scelta ammirevole, tuttavia se restrittiva o sbilanciata può comportare carenze nutrizionali, in particolare in situazioni di elevato fabbisogno metabolico. Il prof. Miggiano mette in guardia su alcune possibili conseguenze di un basso apporto di micronutrienti.

La dieta vegana, soprattutto quando non è dettata da motivazioni di salute, rappresenta una scelta etica ammirevole; tuttavia, poiché è seguita, soprattutto negli ultimi decenni, da diversi esponenti del mondo della medicina, della cultura, della politica, dello spettacolo (VIP), per alcuni è diventata una vera e propria moda da seguire. Sui giornali e sul web crescono le notizie riguardanti personaggi celebri che abbracciano questo regime alimentare. Anche in Italia, il Paese per eccellenza della dieta mediterranea, i vegani sono in aumento. Ma, considerati tutti i rischi e le carenze cui si potrebbe andare incontro, sarebbe bene riflettere sulle eventuali ripercussioni sulla propria salute prima di fare scelte avventate.

Eliminando completamente dalla propria alimentazione i prodotti animali aumenta il rischio di creare carenze nutrizionali. Micronutrienti di particolare interesse per il vegano includono vitamine B12 e D, acidi grassi omega-3 e calcio. A meno che i vegani non consumino regolarmente alimenti che sono arricchiti con questi nutrienti, dovrebbero essere assunti integratori adeguati a soddisfare il fabbisogno quotidiano di tali elementi. In alcuni casi, anche i livelli di ferro e zinco dei vegani potrebbero essere compromessi a causa della limitata biodisponibilità di questi minerali. In effetti, cambiamenti nel livello e nel tipo di grassi presenti nella dieta possono provocare alterazioni nell’utilizzazione dei minerali essenziali.

Le diete vegetariane restrittive o sbilanciate possono comportare carenze nutrizionali, in particolare in situazioni di elevato fabbisogno metabolico. Un basso apporto di micronutrienti può portare ad effetti negativi per la salute nel lungo termine, come ad esempio la compromissione della funzione immunitaria o l’anemia da carenza di ferro.  

Le conseguenze di una dieta vegana non sufficientemente consapevole e nutrizionalmente scorretta possono essere molteplici e, tra i sintomi più frequentemente riscontrati, possiamo ritrovare stanchezza, ansia, depressione, insonnia, neuropatie ed altre disfunzioni neurologiche. In molti casi, semplici interventi nutrizionali attraverso la dieta stessa e/o l’integrazione sono in grado di risolvere o minimizzare tali sintomi problematici.  

Alcune possibili conseguenze

Ipoproteinemia
Le proteine vegetali hanno un ridotto contenuto di aminoacidi essenziali rispetto alle proteine animali. Una riduzione significativa di aminoacidi limitanti (metionina, lisina, triptofano) si traduce in una minore sintesi proteica. Nei soggetti che consumano in maniera predominante o esclusiva alimenti vegetali, è stata osservata una maggiore incidenza di ipoproteinemia.

Iperomocisteinemia
La scarsa assunzione di proteine ed aminoacidi solforati, tipica della popolazione vegetariana, porta ad una malnutrizione proteica che spiega l’origine dell’iperomocisteinemia e la maggiore vulnerabilità di tali soggetti alle malattie cardiovascolari. Una carenza di vitamina B-12, molto popolare tra i soggetti vegani, o anche un deficit di acido folico, insieme a variazioni genetiche, potrebbe essere una delle cause di aumento dei livelli di omocisteina plasmatica. Date queste preoccupazioni per la salute, dunque, i vegetariani, ed i vegani in modo particolare, necessitano di un’attenta pianificazione della loro dieta, di un costante monitoraggio dello stato di vitamina B-12 plasmatica.

Vitamina B12
La vitamina B12 è contenuta negli alimenti di origine animale e risulta di fondamentale importanza per il nostro organismo, in quanto svolge un ruolo cruciale sia nella sintesi dei globuli rossi che nel mantenimento della buona salute del sistema nervoso. La carenza di vitamina B-12 può manifestarsi con sintomi ematologici, gastrointestinali e neuropsichiatrici, tra i quali i più comuni sono: affaticamento, anemia, inappetenza, astenia, nervosismo, tremori. Tuttavia tali segni si manifestano almeno dopo 1-3 anni di mancata assunzione con la dieta. 
I vegetariani sono ad elevato rischio di sviluppare una carenza di vitamina B-12 a causa di un’assunzione non ottimale. Nel mondo vegetale (alghe, tempeh, germogli e lieviti) esistono degli Isomeri della Vitamina B12, che però sono inattivi.

Vitamina D
La vitamina D svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo dell’osso e del calcio. L’assunzione di calcio e vitamina D è di vitale importanza in tutte le fasi del ciclo della vita. Una supplementazione in base al sesso e all’età e l’utilizzo di prodotti fortificati potrebbero rendersi necessarie, soprattutto per gli anziani, gli adolescenti, le minoranze, popolazioni a basso reddito o soggetti in sovrappeso/obesi.  Un insufficiente apporto di vitamina D può ridurre il tasso di turnover osseo e causare una diminuzione della densità minerale ossea nei soggetti vegani. La riduzione del processo di mineralizzazione ossea, infatti, potrebbe causare malattie quali il rachitismo nei bambini, l’osteomalacia e l’osteoporosi nei soggetti adulti.

Acidi grassi omega-3
Nelle diete che presentano carenza di pesce mancano fonti dirette di EPA (acido eicosapentaenoico) e di DHA (acido docoesaenoico), fondamentali per una buona alimentazione e necessari per il normale sviluppo della retina e del sistema nervoso centrale. Gli acidi grassi omega-3 sono particolarmente concentrati nel cervello e sembrano essere fondamentali per garantire una corretta funzione cognitiva. 
La dieta vegetariana/vegana, con un rapporto sbilanciato omega-6/omega-3 potrebbe causare danni alla salute fisica, mentale e neurologica. Risulta, perciò, di fondamentale importanza l’integrazione di fonti dirette di EPA e DHA. Tale supplementazione potrebbe essere auspicabile mediante l’introduzione nella dieta di olio di semi di lino oppure oli derivanti da microalghe ricche in EPA e DHA  Qualora tale supplementazione non fosse sufficiente, si consiglia di ricorrere ad integratori alimentari. 

Ferro
Più di 600 milioni di individui nel mondo, indipendentemente dal tipo di dieta, sono affetti da anemia da carenza di ferro. Le persone maggiormente a rischio sono quelle il cui fabbisogno è più elevato, come bambini e adolescenti, donne in età fertile, gravidanza ed allattamento. Anche se i cibi vegetali sono ricchi in ferro, soprattutto legumi, cereali integrali, verdure verdi, frutta secca e semi, in questi alimenti il minerale è presente nella forma non-eme, una forma particolarmente sensibile alle interferenze sull’assorbimento da parte di altre sostanze assunte contemporaneamente. Alcuni piccoli accorgimenti possono dunque essere utili: accoppiare gli alimenti ricchi in ferro con vitamina C (agrumi, kiwi), evitarne l’associazione con cibi ricchi in calcio (acque minerali ad elevato contenuto di calcio) o tannini (caffè, cioccolato, vino rosso), eliminare i fitati da legumi e cereali integrali (ammollo preventivo seguito da abbondanti risciacqui).  Spesso, però, anche prendere queste misure precauzionali per massimizzare l’assorbimento di ferro dagli alimenti vegetali non basta. 
Quando la dieta non è sufficiente, è bene ricorrere ad un’integrazione farmacologica stabilita, per dosi e durata, dal proprio medico.

Zinco
Lo zinco svolge un ruolo fondamentale in numerosi processi biochimici, quindi una sua carenza colpisce molti organi, tra cui la cute (acne, dermatite), il tratto gastrointestinale (bocca ed intestino), il sistema nervoso centrale, il sistema immunitario, scheletrico e riproduttivo.  Lo zinco è importante soprattutto nel periodo dell’adolescenza, a causa del suo ruolo cruciale per la crescita e la maturazione sessuale. Un deficit di zinco può causare scarse performance cognitive ed alterazione del gusto per il salato. Supplementi possono essere necessari per soggetti che seguono diete vegetariane molto ristrette, come quella vegana.

Carenza di Calcio
I sintomi determinati da una carenza di calcio vanno da quelli minori, come intorpidimento o formicolii delle dita, crampi muscolari, mancanza di appetito, a quelli più gravi, tra i quali confusione mentale, malformazioni scheletriche, dermatiti. Anche malattie come osteoporosi e rachitismo possono essere associate ad un deficit di calcio. Ottenere una quantità sufficiente di calcio assorbibile dalla dieta per ottimizzare la densità ossea e per la protezione contro il riassorbimento osseo costituisce una misura di protezione per ridurre il rischio di osteoporosi. Tale obiettivo risulta difficile da raggiungere nelle diete che non contemplino l’inclusione di latticini, cibi fortificati o integratori. Alimenti non caseari ricchi di calcio sono: verdure come cavoli e broccoli, senape, tofu coagulato con un composto a base di calcio, latte di soia, succhi di frutta e cereali fortificati con calcio. Quando l’apporto mediante la dieta non è sufficiente, è necessario fare ricorso all’utilizzo di integratori alimentari per raggiungere la quota giornaliera raccomandata. 

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