Riflessioni

Il mistero del Natale

Con le parole di Edith Stein, compatrona d’Europa, ci avviciniamo a Betlemme. Ma senza fermarci, continuando a camminare: verso la Luce del ‘per sempre’

“Quando i giorni diventano via via più corti, quando, nel corso di un inverno normale, cadono i primi fiocchi di neve, timidi e sommessi si fanno strada i primi pensieri del Natale. Questa semplice parola emana un fascino misterioso, cui ben difficilmente un cuore può sottrarsi. Anche coloro che professano un’altra fede e i non credenti, cui l’antico racconto del Bambino di Betlemme non dice alcunché, preparano la festa e cercano di irradiare qua e là un raggio di gioia. Già settimane e mesi prima un caldo flusso di amore inonda tutta la terra. Una festa dell’amore e della gioia, questa è la stella verso cui tutti accorrono nei primi mesi invernali. Ma per il cristiano e in particolare per il cristiano cattolico essa è anche qualcos’altro…” (Edith Stein, “Il Mistero del Natale”, 1950)

Nell’ultimo periodo della sua vita pubblica Edith Stein, filosofa ebrea convertita nel 1922 al cristianesimo, studiosa, educatrice, conferenziera, viene invitata dal parroco Ludwig Husse a tenere una conferenza per il gruppo dell’Associazione Accademici cattolici di Ludwigshafen, prevista per il 13 Gennaio 1931. Il 2 Gennaio scrive una lettera di risposta informando il parroco che, durante il periodo di riposo e meditazione, non le poteva venire in mente nessun mistero se non quello del Natale come argomento dell’incontro. Il suo intervento diventò un piccolo libro, pubblicato a Colonia nel 1950, inedito in Italia fino al 1989, contenente una delle più profonde meditazioni teologiche che oltrepassa l’iconografia natalizia, uno dei testi più originali e moderni sulla “via di Betlemme che conduce al Golgota”.

Nel “segreto” del mistero del Natale: il presepe richiede “di operare una scelta tra la luce e le tenebre”, fino alla fine. Così Edith Stein apre ad una nuova teologia che include l’intera umanità.

“Quando la sera gli alberi di Natale luccicano e ci scambiamo i doni, una nostalgia inappagata continua a tormentarci e a spingerci verso un’altra luce splendente, fintanto che le campane della Messa di mezzanotte suonano e il miracolo della notte santa si rinnova su altari inondati di luci e di fiori: “E il Verbo si fece carne”. Allora è il momento in cui la nostra speranza si sente beatamente appagata…Ma il cielo e la terra non sono ancora divenuti una cosa sola. La stella di Betlemme è una stella che continua a brillare anche oggi in una notte oscura…”.

Natale è Dio che si china e, potendo fare qualsiasi altra cosa al mondo, sceglie di fare quella umanamente peggiore: nascere e vivere come il più povero, emarginato e maltrattato degli esseri umani. “Questa è una verità grave e seria, che l’incanto del bambino nella mangiatoia non deve velare ai nostri occhi…Il Bambino protende nella mangiatoia le piccole mani e il suo sorriso sembra già dire quanto più tardi, divenuto adulto, le sue labbra diranno: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati”.

Anche quelli che si inginocchiarono attorno alla mangiatoia erano persone diverse: “…i bambini teneri e innocenti, i pastori fiduciosi, i re umili, Stefano, il discepolo entusiasta, e Giovanni, l’apostolo dell’amore…San Giuseppe, santa Elisabetta, suo figlio…”. Ma “i Romani rimasero i padroni del paese, e i sommi sacerdoti e gli scribi continuarono a tenere il popolo povero sotto il loro giogo…Egli non si vide alleggerito dei pesi dell’esistenza terrena, anzi ne vide aggiungere degli altri; ma dentro era sorretto da una forza alata”.

Il Natale di Gesù non è “magico”: il Natale è vero. Gli altri non sono più estranei, se noi non lo siamo stati per Lui. “Nostro prossimo è chi sta via via davanti a noi e ha più bisogno di noi, sia egli o meno nostro parente, ci “piaccia” o no, sia “moralmente degno” o meno del nostro aiuto. L’amore di Cristo non conosce confini, non viene mai meno, non si ritrae di fronte all’abiezione morale o fisica”.

E chi appartiene a Cristo, che ha voluto appartenere all’umanità, non si accontenta della mangiatoia, continua a camminare: “Il Bambino divino è diventato “il Maestro” e ci ha detto cosa dobbiamo fare. Per permeare tutta una vita umana di vita divina non basta inginocchiarsi una volta all’anno davanti alla mangiatoia e lasciarsi prendere dall’incanto della notte santa”.

Il 2 Agosto del 1942, entrata già da nove anni nel Carmelo di Colonia, Edith Stein cammina, percorrendo con la sorella Rosa la strada che la conduce nel campo di sterminio di Auschwitz, dove morirà una settimana dopo. La futura Santa Teresa Benedetta della Croce, l’atea convinta, laureata magna cum laude con una tesi sull’empatia, alla ricerca della trascendenza e che non aveva inizialmente dato alcuno spazio a Dio nella propria vita, vede Dio che le va incontro.

A Natale, ogni Natale, ci viene incontro Cristo in persona. E non importa se stiamo vivendo nella notte e nell’oscurità, se ancora non Gli abbiamo fatto spazio: la via che parte da Betlemme tocca la vita e la notte di ciascuno di noi.

“Nella notte del peccato brilla la stella di Betlemme. Sullo splendore luminoso che irradia dalla mangiatoia cade l’ombra della croce. La luce si spegne nell’oscurità del venerdì santo, ma torna a brillare più luminosa, sole di misericordia, la mattina della risurrezione”.
Ora, e allora, è Natale.

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