Riflessioni

Jannik Sinner tra gli otto maestri

Rendere pop il proprio sport, farlo diventare di interesse nazionale, è l’impresa che appartiene solo ai numeri uno assoluti. Non basta vincere, ci vuole qualcosa di più, quegli ingredienti segreti che Alberto Tomba e Valentino Rossi conoscevano bene. Jannik Sinner può farlo, lo ha dimostrato ieri sera battendo il numero uno al mondo, Nole Djokovic, in prima serata sulla Rai e su Sky con ascolti record. In tre set (7-5, 6-7, 7-6), il tennista italiano ha mostrato tutta la sua crescita, con una varietà di colpi inedita e un servizio devastante. Soprattutto, però, ha tenuto incollato al televisore anche chi non è appassionato di tennis, proprio come sapevano fare Albertone e Il Dottore.

Del resto, il match di esordio delle Nitto ATP Finals 2023 aveva già mostrato tutte le potenzialità di Sinner. L’ace con cui l’altoatesino ha chiuso l’incontro con Stefanos Tsitsipas in un’ora e 25 minuti è stato il preludio al momento più significativo. Sono quei 35 secondi in cui Jannik cerca le parole giuste per interrompere il tripudio del Pala Alpitour di Torino e trova il coraggio di vincere la timidezza che si nasconde dietro il suo immenso talento. Negli occhi lucidi c’è la consapevolezza di essere agiatamente tra gli otto migliori tennisti del mondo. E non è un caso se tutti i principali quotidiani italiani, all’alba delle Finali ATP, aprivano con la notizia o la foto del ventiduenne nato in Val Pusteria.

Sulle prime pagine, la fotografia più gettonata è quella degli otto maestri del tennis, scattata a Palazzo Reale: Novak Djokovic, Carlos Alcaraz, Daniil Medvedev, Andrej Rublev, Stefanos Tsitsipas, Alexander Zverev, Holger Rune e, appunto, Jannik Sinner.
Un paio di sneakers, bianche come la t-shirt, a tinta unita, i pantaloni blu navy, e una giacca di renna. Il look, sul monumentale scalone d’onore voluto da Vittorio Emanuele II, è semplice e efficace. Ha pochi fronzoli, come il suo tennis. Sul Corriere della Sera, Gaia Piccardi scrive che «Sinner parte in cordata per la scalata alle Finals con tutto il Paese nello zaino». E ha ragione a sottolineare che il tennis azzurro «non è mai stato così pesante». La Repubblica gli dedica un bel longform, tre pagine che spiegano «un viaggio che comincia da lontano». Più precisamente dalle Dolomiti di Sesto, in fondo alla pista da sci che scende dal Monte Elmo. Dove passa il sentiero per le Tre Cime di Lavaredo e c’è la baita dove lavorano papà Hanspeter e mamma Siglinde. 

Il «viaggio» e l’incontro con le persone giuste portano il tredicenne Jannik dalle piste da sci ai campi da tennis di Bordighera, nell’Academy di Riccardo Piatti. In fondo, tra i palazzi del centro storico di Francoforte ad Heidi andò peggio. Fra le colline liguri della Riviera di Ponente, a 20 minuti dal Principato di Monaco, Sinner impara a cavarsela da solo. Piatti, che ha allenato anche Ivan Ljubicic, Milos Raonic e Maria Sharapova, rimane il suo allenatore fino all’inizio dello scorso anno. Da allora, la scelta del talento di Sesto si chiama Simone Vagnozzi. «Disegnati entrambi l’uno per l’altro, due curriculum che non dovevano far altro che incrociarsi», scrive su La Repubblica Paolo Rossi, che sottolinea come per Sinner fosse arrivato il momento di liberarsi dal «coach mentore» per diventare «professionista di se stesso». 

L’altoatesino inserisce nel team anche Darren Cahill, che ha già allenato tre numeri uno, Lleyton Hewitt, Andre Agassi e Simona Halep. L’evoluzione più evidente sta nell’efficacia del servizio, che gli permette di ridurre il consumo di forza, con una maggiore torsione del tronco e una prima palla mai così efficace prima d’ora. Lo si era visto, forse per la prima volta, a Wimbledon 2022. Dove Sinner era riuscito a strappare due set a Novak Djokovic, il numero 1 del ranking, mostrando una versione tutta nuova del colpo che più l’aveva fatto soffrire in passato. Poi ci sono il cambio di preparazione e di alimentazione, l’accrescimento della massa muscolare, la crescita della tenuta fisica. È apparso evidente due settimane fa a Vienna, quando Sinner ha conquistato la vittoria dell’Atp battendo per la seconda volta in un mese Medvedev, uno che proprio sugli scambi logoranti ha costruito la carriera. 

Anche Alcaraz è caduto, tre settimane prima, contro Sinner, nella semifinale di Pechino. Così Jannik è diventato il numero 4 del mondo, 47 anni dopo Adriano Panatta. «Insieme al rovescio, l’aspetto mentale è quello nel quale è più vicino a Djokovic» ha scritto Paolo Bertolucci sulla Gazzetta dello Sport. «Quando mi dicono così, dico a me stesso che devo lavorare ancora tanto sotto questo aspetto. Faccio in modo che l’avversario non mi veda negativo, però ogni tanto capita che mi butto giù» risponde Sinner, in una bella intervista di Federico Ferri disponibile on demand su Sky. «Ho investito davvero tanto nel tennis e più vado avanti, più mi piace» racconta il ventiduenne al direttore di Sky Sport, perché «da noi c’è pressione, ma non quella che può avere un dottore che ha in mano la vita di una persona. Perdiamo una partita, ma ti puoi rifare subito al prossimo torneo. Mi sento davvero fortunato».
A 22 anni, mica male. Gioco, partita, incontro.