Dal Cop 26 almeno un obiettivo: la riforestazione
Fino al 12 novembre a Glasgow si tiene la Cop 26, la conferenza internazionale che si pone l’obiettivo di limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C. Tra i vari strumenti, il più semplice almeno a livello teorico è la riforestazione.
La scienza ormai è d’accordo sulla causa dei cambiamenti climatici: il processo e i residui dell’industrializzazione perseguita dall’uomo. L’umanità, trasformando e consumando attraverso i mezzi di produzione, rilascia con le sue attività Co2 nell’atmosfera. Questa la riceve, aumentando a dismisura un effetto che, in sé, sarebbe benefico e perfettamente naturale, l’effetto serra, cioè il delicato sistema che redistribuisce il calore prodotto da sole sulla terra.
Come in questi giorni abbiamo sentito ripetere, e come sentiamo da anni, la sfida decisiva per l’umanità nei prossimi decenni sarà una riduzione dei gas climalteranti tale da fermare, a livello globale, l’aumento della temperatura a 1,5° C. In caso contrario il clima del nostro pianeta subirà una trasformazione, in realtà già clamorosamente in atto, che impedirà, con l’aumento delle temperature e la scomparsa delle risorse d’acqua, ai miliardi di persone che popolano la terra di nutrirsi e di sopravvivere. Non è dunque un problema che si limita alla sparizione delle cime innevate, allo scioglimento dei ghiacciai, alla distruzione degli habitat e la conseguente estinzione di massa di piante ed animali ma è un problema che riguarda direttamente l’estinzione dell’essere umano.
A Glasgow, fino al 12 novembre, si tiene la Cop 26, la conferenza internazionale che, tra proclami e impegni concreti, si pone l’obiettivo primario di azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C. Ogni paese coinvolto dovrebbe a tal fine presentare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni entro il 2030 che siano allineati con il raggiungimento di un sistema a zero emissioni nette entro la metà del secolo.
Per raggiungere questi obiettivi ambiziosi, ciascun Paese dovrà: accelerare il processo di fuoriuscita dal carbone, ridurre la deforestazione, accelerare la transizione verso i veicoli elettrici, incoraggiare gli investimenti nelle rinnovabili.
Attualmente, tra i progetti più attivi nel mondo, perché almeno teoricamente più semplici da sviluppare, c’è la riduzione della deforestazione e, di pari passo, la riforestazione.
Le foreste, infatti, sono uno degli elementi decisivi per il mantenimento della vita sulla terra. Oltre ad ospitare l’80% della biodiversità, concorrono all’assorbimento dell’anidride carbonica attraverso la fotosintesi. In Europa, per esempio, le foreste assorbono il 10% delle emissioni di tutti gli altri settori.
Le foreste, tuttavia, sono minacciate in ogni parte del mondo: in Brasile, nel Centrafrica, in Siberia, tagli indiscriminati, incendi dolosi e di origine naturale, riducono la superficie forestale con l’effetto di rilasciare il carbonio prima accumulato. L’effetto della deforestazione e dei cambiamenti climatici può innescare una spirale devastante: meno foreste, meno acqua traspirata, meno pioggia, più caldo, più Co2 non assorbita, più Co2 rilasciata.
Data questa realtà, quale deve essere la posizione dei governi e delle aziende private?
Proteggere le foreste esistenti e ripristinare quelle degradate, puntando anche sulle giuste specie in grado di resistere meglio ai cambiamenti, come sono, per il caso mediterraneo, i cipressi, i carrubi e le querce da sughero. La velocità di combustione del primo, infatti, è sette volte inferiore rispetto a quella di un pino, inoltre, il manto di foglie che si deposita sul terreno forma una barriera protettiva che trattiene l’acqua, mentre la spessa corteccia delle querce da sughero le protegge dagli incendi, trattiene l’umidità e fa sì che la temperatura media all’interno dell’albero sia inferiore di 13 gradi rispetto alla temperatura esterna.
L’Unione Europea, nel frattempo, si è posta l’obiettivo di ampliare la superficie forestale, piantando 3 miliardi di alberi entro il 2030. A livello nazione, invece, l’obiettivo sarebbe di piantare 60 milioni di alberi, quindi uno per ogni cittadino. Sembrano numeri enormi, e invece non lo sono. Basti pensare che nella sola Italia ci sono già oltre 10 miliardi di alberi.
La politica, dunque, dovrebbe investire denaro e risorse e finanziare progetti di riforestazione. I cittadini, invece, dovrebbero costringere la politica, troppe volte sorda, a impegnarsi realmente in almeno uno degli obiettivi necessari per garantire la vita sul nostro pianeta.