Riflessioni

Serie come un carciofo

La straripante offerta di serie tv ci permette di costruirci un’oasi “contro il logorio della vita moderna”, ma alimenta anche il rischio di un consumo bulimico. Forse, a ben vedere, ci può allenare a rieducarci al gusto dell’attesa e, in fin dei conti, a fare buon uso della nostra libertà.

Ernesto Calindri, mentre sorseggiava l’amaro a base di carciofo in mezzo al traffico cittadino, concludeva uno dei siparietti più iconici di Carosello con una perla di saggezza: “Contro il logorio della vita moderna”. Cose da boomer? Certamente, anche se il remake degli Elio e le storie tese lo ricordano pure i meno anziani. Ma al di là della nostalgia, rimane ancora attuale, di quello slogan, il desiderio di trovare un’oasi nella frenesia dei tempi moderni. Un bisogno che hanno preso sul serio anche le serie. Quelle televisive, intendiamo. Nel creare un prodotto fruibile a piacimento (on demand, si direbbe, ma non ditelo al ministro Sangiuliano!), hanno forse distillato un elisir gustoso almeno quanto l’amaro di Calindri contro il logorio delle nostre vite.

Le serie tv offrono indubbi vantaggi: permettono di passare da un argomento all’altro, possono essere viste di giorno o nelle notti insonni, in tv o sul tablet, in lingua originale o doppiate, in viaggio o una volta che i bambini sono sistemati nei loro lettini. Assecondando la tendenza dello sneaking, di inventare, cioè, varie scuse con amici e familiari per non farsi scoprire. Secondo alcuni studi, in Italia lo farebbero almeno una volta a settimana ben 4 genitori su 10 e il 39% ha dichiarato di farlo almeno una volta al giorno. Il posto preferito è tra le lenzuola di casa. I papà riescono a farlo anche quando vanno a riprendere i figli a scuola, o in palestra durante i corsi pomeridiani, e le mamme mentre svolgono le faccende domestiche o preparano la cena.

Ma i vantaggi non finiscono qui: a differenza di un film, si possono interrompere senza perdere il pathos. E poi ce ne sono per tutti i gusti: horror, fantasy, crime, romance, in costume, imitazione della realtà, tratte da storie vere o best-seller e chi più ne ha più ne metta. Se solo si è capaci di scegliere l’argomento a sé più congeniale, possono dare molta soddisfazione. Ma il vantaggio più consistente è proprio l’«effetto oasi»: un rifugio sicuro, fedele, ben fatto per fuggire dalla quotidianità ogni qual volta si possa o si voglia.

Dopo averci abituati ad attendere l’appuntamento che le major distillavano ogni settimana,  per favorire fidelizzazione e scatenare immaginazione e suspense, i maghi del marketing, studiandoci come tanti piccoli topi da laboratorio, hanno deciso di scaricare quasi completamente su di noi le scelte di fruizione, optando per il rilascio di blocchi di puntate, che ci fa scegliere solo se vederne 10-15 di fila o aspettare che sia disponibile l’intera serie e annullare completamente i tempi di attesa.

Già, l’attesa. Una parola che sembra stridere con il tempo del “tutto subito” e della tirannia del presente. Poter godere di una serie tv nella sua interezza, infatti, accresce la sua dimensione di prodotto di consumo e alimenta il rischio di una fruizione bulimica. Tra gli effetti dei vari lockdown c’è stato il binge watching, la tendenza a guardare ore e ore diversi episodi, in una vera e propria maratona il cui traguardo è il finale del programma.

La possibilità della scorpacciata, in fondo, scarica su di noi la scelta di come districarci nell’eccedenza dell’offerta. Che è poi nient’altro che la metafora delle nostre vite sollecitate dal consumismo e da quella che i sociologi chiamano la moltiplicazione delle possibilità. Ed è qui che torna non già l’amaro a base di carciofo, ma il carciofo vero e proprio.

Consumare le serie televisive in blocco fa pensare alla strategia di spolparlo tutto insieme per mangiarlo in un sol boccone. Dimenticando che “spogliarlo” foglia a foglia nel pinzimonio è un vero e proprio rito che educa al gusto dell’attesa per godere pienamente del momento, solenne e gioioso al tempo stesso, di arrivare al cuore. Forse siamo solo vecchi romantici cresciuti alla scuola di un desiderio da coltivare come una rosa. Ma, chissà, anche nella possibilità di avere in blocco le serie tv possiamo scorgere un appello ineluttabile alla nostra libertà che, pure nella scelta di questo genere di consumo, può ancora riaffermare il primato della volontà sulla voracità dello spreco. Regalandoci la capacità di gestire la nostra piccola oasi contro il logorio della vita moderna. Metafora dello spettatore, certo, ma anche di donne e uomini che sanno preservare, in ogni contesto della loro vita, il bene prezioso della propria libertà.

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