La madonna del mantello
Attribuita da qualcuno a Giacomo Manzù, è una madonnina piccola, creata da Ettore Calvelli su un’idea di Gio Ponti, che sta nella cappella seminascosta di un Collegio in Università Cattolica: racconta una storia bella, interessante e tenera, e ha accompagnato molte generazioni di studenti.
C’è, nella cappella del più antico dei collegi dell’Università Cattolica, che il fondatore padre Gemelli volle fortemente inseriti nel tessuto stesso del suo Ateneo, al cuore stesso e linfa della vita accademica, una piccola statua che rappresenta una Madonna con bambino. In verità le statue sono due, l’altra è però più recente e rappresenta un vescovo, dono appassionato degli alumni di quel collegio, se ne potrebbe parlare altrove; ma la piccola (43,5 cm) statua della Madonna è parte della storia collegiale da tempo infinito, e ha accompagnato i ricordi e le preghiere di moltissimi dei suoi studenti; chi affidandosi per un esame, chi nel silenzio per ritrovare la fede – o anche per perderla, in quel luogo di confronto aperto alla libertà che è sempre stata la comunità collegiale. Qualcuno l’attribuiva alla mano di Manzù, opera perduta e non conosciuta ai cataloghi; è in verità una “Madonna del mantello”, in bronzo patinato, del 1944, sviluppata a partire da un’idea originale di Gio Ponti (Milano 1891-1979, uno degli architetti e designer italiani più importanti del dopoguerra) da Ettore Calvelli, eseguita poi in più repliche e in tiratura complessiva ignota. Tra l’altro è firmata [Ettore Calvelli] alla base del mantello.
Calvelli (1912-1997) è stato un bronzista, presente con 26 medaglie ai Musei Vaticani, che conservano anche un prestigioso bassorilievo in bronzo dal titolo «Il Papa e la folla» che il cardinale Martini donò a Giovanni Paolo II nel 1983. È stato anche autore di medaglie per Paolo VI, per la FAO e per l’Onu, e nel 1969 ha realizzato la Coppa campioni d’Italia che viene tuttora assegnata a conclusione di ogni campionato.
Tra molto altro ancora, nel 1953 ha realizzato anche lavori per la Andrea Doria, il superbo transatlantico naufragato nelle fredde acque al largo di Nantucket tra il 25 ed il 26 luglio 1956 a seguito dello speronamento da parte della nave Stockholm, protagonista di uno dei salvataggi più spettacolari della storia della marineria e posato sul fondo, con i suoi tesori e il materiale di pregio non razziato dai sommozzatori, a una profondità di 75 metri.
Ventottenne, espone già alla Biennale di Venezia, che frequenta per sei edizioni. Poi per quindici anni insegna anche al Liceo Artistico delle Orsoline di S. Carlo, a Milano, dove avrebbe svolto la maggior parte della sua attività.
Nel 1946 esegue ed espone all’Angelicum di Roma, la pontificia università «San Tommaso d’Aquino», la Madonna del mantello (oggi nel Seminario di Brescia), preceduta da vari bozzetti.
Della statuetta parla Lisa Ponti, la figlia di Gio, critica, editor, artista e custode dell’arte del padre, in un raro articolo pubblicato sulla rivista «Stile» (n. 41, maggio 1944), un giornale rivoluzionario antesignano di «Domus» e pensato da Ponti per la ricostruzione dell’Italia che sarebbe venuta: «L’idea di questa statua è venuta da Ponti, è la sua idea antica di voler esprimere questo nostro essere “coro”, essere montagna, tutti e sempre, con le nostre cose: questa uguaglianza fra gli uomini, in ogni paese e in ogni tempo, per cui dire “uomo” vuol sempre dire guerra, furto, pentimento, crudeltà, pazienza […]. A Padova, in un affresco, Ponti aveva dipinto le due grandi figure della “Filosofia che consola la Storia” in cui la Storia a capo chino porta sul manto nero figurate tutte queste opere e le vicende e gli errori umani. Quest’idea poi si è aperta in quella della Madonna. Calvelli l’ha fatta sua. In principio la trattò in modo lieve, come si vede dal bozzetto riprodotto qui, quella statuina quasi orientale dove i gruppi umani troppo in rilievo erano decorativi. Ma poi l’idea lo prese a fondo, e per quei mesi che lavorò fu un’orazione, e forse tale che ancora la statua non rende del tutto l’idea».
E uno dei bozzetti, per qualche storia non documentata (o non ancora; sarebbe interessante pensarla), guardato con occhio leggero, appena accennato come le opere del mantello, attribuito ad altri, ignorato dal patrimonio dell’Università è finito per riposare – probabilmente per volontà di p. Gemelli, da cui in quel periodo passavano tutte le iniziative che riguardavano direttamente o meno l’Ateneo – in Collegio, a guardare dolcemente, come restituendo una preghiera silenziosa alla preghiera, le generazioni che le si rivolgono.