Comunicazione

Attenti al gorilla

L’attenzione, sempre più bombardata da stimoli, tende a ridursi drasticamente, fino a far sfuggire anche un gorilla che attraversa il campo: catturarla con una buona storia è probabilmente un ottimo inizio per una comunicazione efficace.

In un bel libro di qualche anno fa, La civilisation du poisson rouge (Grasset, 2019, poi Livre de Poche; purtroppo in Italia non è mai arrivato), l’autore Bruno Patino metteva in guardia nei confronti della memoria breve indotta dalle nuove tecnologie: come un pesce rosso, la nostra capacità di attenzione si riduce costantemente (e la memoria ancora di più), distratta dalle miriadi di stimoli che cercano di catturarla.
Per Patino l’«economia dell’attenzione» finisce per distruggere il nostro rapporto con i media, con la politica, con lo spazio pubblico annichilendo l’attenzione e la fatica (positiva) che le è connessa («Le marché de l’attention, c’est la société de la fatigue»).
Il panorama allora scompare, in un «istante infinito» governato dall’algoritmo.

Pur senza ragionare sulle implicazioni sociali, politiche e culturali della scomparsa dell’attenzione, l’argomento appare di grande interesse: sempre più spesso è necessario chiedersi come fare a catturare quel breve, brevissimo momento che il pubblico, più o meno consapevolmente, distratto e intento ad altro (sempre ad altro), è disposto a concederci.
Come ricorda Riccardo Staglianò in un godibile libretto uscito da Sellerio, «a leggere quattro pagine di una rivista ci vogliono circa 15 minuti: perché un lettore, costantemente bombardato di sollecitazioni dovrebbe dedicarvi questo tempo rinunciando nel frattempo a scorrere decine di tweet, spiluccare tra altrettanti post e sogghignare davanti a un discreto numero di video comici o presunti tali?».

Dall’altro lato, da utenti – è sempre bene mettersi anche dall’altra parte – possiamo chiederci come fare a prestare la dovuta attenzione a ciò che ci interessa davvero, all’interno di uno scenario molto rumoroso e denso di oggetti.

Nel 1999 Christopher Chabris e Daniel Simons, allora due giovani docenti di Harvard, sottoposero alcune persone a un test molto semplice, chiedendo di seguire i movimenti della palla in un video che mostrava due gruppi di persone intenti a scambiarsela; la particolarità del test consisteva nel passaggio di un gorilla nel video, la cui presenza sfuggiva quasi alla metà dei partecipanti.

Per quanto il valore dell’esperimento abbia subito critiche e tentativi di ridimensionamento, resta una conferma evidente dell’attenzione selettiva, di come cioè qualcosa possa attraversare il nostro campo visivo e non essere scorto se non è oggetto di attenzione specifica (o dell’altra faccia dell’esperimento: la «cecità inattentiva», le cui prime teorizzazioni sono già dell’inizio del Novecento): il gorilla che attraversa il campo dimostra che se siamo concentrati a cercare o a seguire qualcosa spesso non scorgiamo tutto l’altro che accade anche se ci passa davanti (questo è anche uno dei motivi per i quali sarebbe meglio non parlare al telefono mentre si guida; nelle sale cinematografiche inglesi nel 2008 pare che il test fosse stato riproposto dall’ente Transport for London agli automobilisti proprio per sensibilizzarli sul rischio di «non vedere» i ciclisti).

Una pubblicità interessante della Skoda di qualche anno fa giocava proprio su questo aspetto: mentre siamo concentrati sul design dell’automobile in primo piano, il panorama cambia, diventa progressivamente diverso fino a essere del tutto differente dalla partenza, ma a molti (tutti) di noi la maggior parte dei cambiamenti sfugge (il design della Fabia in primo piano resta uguale, ma nel nostro esempio finisce per diventare un dettaglio, e il contenuto principale del messaggio).

Forse, essere consapevoli del gorilla può aiutarci a costruire una comunicazione efficace evitando di riempire troppo la nostra notizia, la nostra campagna, la nostra pagina di informazioni, ma privilegiando solo quelle che la maggior parte degli utenti è in grado di raccogliere, e tenere conto degli stimoli giusti da inserirvi (elementi di novità, effetti cromatici, spostamento del focus, eccetera).

E magari, dall’altra parte, a cercare di prestare maggiore attenzione ai dettagli, da qualunque delle due parti del marketing (acquirenti o venditori, soggetti attivi o passivi) ci troviamo ad agire.

Certo, come ricorda ancora Staglianò, alla base dev’esserci sempre una bella storia – o almeno un contenuto che ne valga la pena – e, possibilmente, soprattutto non dobbiamo dimenticare che va raccontata, e raccontata bene.

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