Riflessioni

Tredici dicembre, la santa della luce

Il 13 dicembre 304, a Siracusa, Lucia diventa “la santa della luce”. Protettrice degli occhi, dei ciechi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini, oggi è ancora celebrata in molte parti del mondo (e alcune insospettabili).

A Siracusa la luce mediterranea, nel giorno più corto dell’anno, è quasi obliqua sulla lama del macellaio e sull’oro che borda la tunica di un prefetto rabbioso, come ululante; un raggio colpisce la polvere e le goccioline di saliva che gli escono insieme alle urla, e si frange sulla veste rossa di una ragazza che non si smuove, e quasi la incendia, ma non la tocca.

È giovanissima, impallidisce, ma ha gli occhi di fuoco e una determinazione che racconta già di resistenza e fierezza, nel nome di ciò in cui si crede.
Un attimo prima che cada la lama, la roccia della latomia nuda rimbalza il fragore di una preghiera che la fa santa, e riempie le orecchie degli aguzzini già pronti a nasconderla.

Potrebbe essere una violenza d’oggi, e invece è il 13 dicembre 304: a Siracusa Lucia sopporta un martirio vile, nel nome di tutte le donne offese, ma la sua testa è alta d’orgoglio, la sua lampada accesa per la «luce che non conosce tramonto».

Diventa, lei, la santa della luce, nel giorno che corrisponde al solstizio d’inverno – prima della riforma di Gregorio, nel 1582, quando sul calendario si passò dal 5 al 15 ottobre: da lì in poi le giornate si allungano, si comincia già a sperare in una nuova stagione, come i fiori sotto la neve. Diviene la protettrice degli occhi, dei ciechi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini, e più estesamente viene considerata la patrona della vista. Le sue reliquie vengono saccheggiate prima dai bizantini, poi da Costantinopoli nel 1204 il suo corpo viene trafugato, come quello di altri santi, dai Veneziani che la portano nella laguna, e qui rimane: dove sorgeva la chiesa intitolata a suo nome c’è ancora, persino, la stazione ferroviaria.

Poi Lucia si sposta, anche – diremmo che emigra – a settentrione, una memoria portata nelle regioni d’Italia più distanti (la Lombardia, soprattutto) in cui alla santa è legato il portar doni ai bambini, gli occhi che si chiudono per la notte e l’ansia della mattina in cui si scartano i regali, fino alla Scandinavia, dove i missionari andarono a raccontarla, per divenire uno dei (pochi) santi a resistere all’ondata della riforma protestante ed essere ancora oggi celebrata in luoghi dove di luce c’è soprattutto un gran desiderio: dalla Danimarca alla Svezia, alla Finlandia al Canada, in una teoria di celebrazioni (si elegge una fanciulla che la impersoni, si cantano inni tradizionali – come i Luciasången, cioè la canzone napoletana di Santa Lucia, ma in svedese – si distribuiscono biscotti allo zenzero) che raccoglie la storia di una ragazza che, ogni volta che nasce, porta l’augurio di una «luce in mezzo alle tenebre», nel dicembre del Mare del Nord o anche nella casa in cui illumina, col suo arrivo, tutta una vita.