L’effimero ultimo tempo di Castelnuovo Fogliani
Donato all’Università Cattolica dalla ultima erede degli Sforza-Fogliani, sede universitaria dal 1926 e poi luogo per eventi e incontri, Castelnuovo Fogliani è un gioiello posto tra Piacenza e Fiorenzuola che ha vissuto una breve nuova vita per riadagiarsi poi in una sonnolenta attesa.
Sul bordo esterno della provincia di Piacenza, sulla via Emilia che taglia diritta la pianura per le colline che annunciano Parma, nel comune di Alseno, si apre Il complesso di Castelnuovo Fogliani, a due passi dall’abbazia di Chiaravalle della Colomba – altro gioiello obbediente alla regola di Clairvaux come quella di Milano, e fondata da san Bernardo nella stessa rapida spedizione –; una presenza esclusiva, quasi incombente sul territorio e sottratta agli occhi da un muro di cinta e un portone che non si apre. Donato alla Chiesa dall’ultima erede della dinastia degli Sforza Fogliani Pallavicino, la schiva duchessa Clelia (1836-1925), e successivamente da Pio XI al fondatore dell’Università Cattolica, padre Agostino Gemelli, per farne una sede universitaria, lo fu fino al 1973 e formò generazioni di religiose all’educazione – dopo le suore avrebbero avuto la possibilità di accedere all’istruzione universitaria comune –. Poi il luogo, di proprietà dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, l’ente fondatore e garante dell’Università Cattolica, ha vissuto tempi di ospitalità; ha continuato a essere sede di eventi, ricovero di artisti e personalità della cultura e della società, progressivamente sottraendosi al pubblico, fino a un dormire placido che i corvi frequenti, sulla torre che domina tutta la valle, non interrompono.
Castelnuovo Fogliani ha una storia complessa e appassionante, che dal basso medioevo si intreccia con quelle di nobili grandi famiglie come i Della Porta, i Visconti e gli Sforza Fogliani, della Chiesa e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e, artisticamente, con l’architetto Luigi Vanvitelli – la cui fama generale è legata innanzitutto alla Reggia di Caserta – e con il pittore Giuseppe Natali. Di mano di Vanvitelli è il progetto del giardino all’italiana e la chiesa di san Biagio, della seconda metà del XVIII secolo. L’archistar dei Borboni venne chiamato dal marchese Giovanni Sforza Fogliani d’Aragona, primo ministro del Regno di Napoli, a rinnovare il castello ridisegnandolo come una reggia; al pittore invece si deve la sorpresa di un’Aula magna integralmente affrescata, come la Sala dei Giganti di Palazzo Te, ricca di trompe l’oeil e finte prospettive, titani, putti festosi, divinità floreali, chiese, rovine, architetture.
Una serie di sorprese che qualche anno fa [nel 2018] si sono rivelate di nuovo vivendo, la residenza e il complesso, un breve, effimero altro tempo di risveglio, con l’obiettivo di restituirli – con il parco di circa sei ettari, il giardino e il laghetto – all’Università che li possiede e soprattutto al territorio, reinserendoli concettualmente in un territorio silenzioso e tuttavia ricchissimo di eccellenze produttive e artigiane, per immaginarli frequentati di nuovo senza che ciò ne comportasse il tradimento della funzione o dell’aspetto.
Il complesso è tornato allora a ospitare eventi di qualità (tra l’altro, un concerto di Cristina Donà), è stato riaperto alle visite ed è stato infine legato a un marchio di prodotto che a partire dalle eccellenze del territorio ritornasse a far parlare di Castelnuovo Fogliani e a far sentire a casa la comunità universitaria di tutte le sedi dell’Università Cattolica – Milano, Brescia e Roma, oltre che la più vicina Piacenza.
Un’esperienza breve e fruttuosa, conclusa forse troppo presto: da qualche anno la struttura è tornata sonnacchiosamente ad attendere una custodia creativa e una nuova valorizzazione, ma il progetto ha lasciato un marchio di selezione e un’etichetta di selezione che sotto il cappello «Casa Fogliani» intende reinvestire le marginalità generate dalle attività in sostegno di studenti in estrema difficoltà e agevolare – a volte a rendere possibile – il loro successo nello studio; che poi è forse un’interpretazione piena dell’idea che i fondatori dell’Università Cattolica avevano portato avanti destinando la struttura all’attività universitaria.