Riflessioni

Marquez e Hamilton, quando i fuoriclasse scelgono l’Italia per tornare a vincere

No dai, non può essere vero. È quello che hanno pensato un po’ tutti, tranne i pochissimi che la sanno veramente lunga, e i tanti che fanno finta di saperla. Marc Marquez ha lasciato la Honda, la Casa motociclistica più importante del mondo, pur di salire su una Ducati, e fa niente se non è quella del team ufficiale di Borgo Panigale. Lewis Hamilton dice addio alla Mercedes, la Scuderia con la quale è diventato il pilota più vincente della storia, per cedere una volta per tutte al fascino rampante della Ferrari. Due cataclismi che hanno sconvolto l’ecosistema del Motorsport, e nel giro di qualche mese hanno ridotto ai minimi termini le poche certezze rimaste. 

Ma andiamo con ordine. La MotoGP sarà la prima a concretizzare il nouveau régime. Domenica 10 marzo l’otto volte campione del mondo scatterà per la prima volta dalla griglia di partenza della top class, nel deserto di Losail, su un prototipo senza la livrea della Honda Racing Corporation. Marquez è ormai lontano anni luce da quella Casa che è stata per undici anni la sua seconda casa. Quella dove ha vinto subito, e poi ha stravinto; dove si è fatto amare e, da qualcuno, pure odiare; dove s’è fatto male, è caduto e poi si è rialzato. 

Il pilota di Cervera è volato via dalla Casa dell’Ala per tornare a volare. Per farlo, dopo quattro anni bui, serviva una Desmosedici. Che non è solo la moto più veloce, più potente e più vincente. È la DeLorean che lo può riportare indietro nel tempo, aiutandolo a ritrovare l’extraterrestre che abbiamo conosciuto fino al 2019, il Marc-ziano capace di vincere sette titoli mondiali nei primi otto anni in MotoGP. 

Una speranza val bene una sella nel Team Gresini, quel desiderio di rinascita che alla HRC si era affievolito fino a sancire la fine di un’era: l’addio alla Honda, per tornare sulla cresta dell’onda. La sua fiducia, ora, è riposta in una moto italiana e nel suo papà, l’ingegner Gigi Dall’Igna, colui che ha cambiato la storia del reparto corse bolognese trasformando nel riferimento assoluto quella moto che solo Casey Stoner aveva saputo portare alla vittoria. E con la quale anche Valentino Rossi aveva fallito. 

Marquez in sella alla Ducati sembrava una rivoluzione copernicana a quattro cilindri, la metafora sportiva perfetta del ribaltamento di prospettiva. Invece, nel giro di una manciata di mesi, in Formula 1 è successo qualcosa di ancor più inimmaginabile. E fulmineo.

Il passaggio di Lewis Hamilton alla Ferrari dal 2025 è «uno degli shock più grandi nella storia di questo sport», come ha scritto il Times. Dopo essere diventato il pilota con più vittorie, più podi, più pole position e più punti guadagnati, Hamilton proverà a diventare il numero uno anche alla voce mondiali conquistati. Dove già oggi primeggia, ma in coabitazione con Michael Schumacher, uno che ha vinto cinque dei suoi sette mondiali proprio con la Scuderia di Maranello. «Ogni pilota, prima o poi, subisce il fascino della “macchina rossa”», disse Alain Prost quando firmò con il Cavallino. È successo anche all’insospettabile Sir Hamilton. 

«Una vita a rincorrersi senza incontrarsi mai. Se non da avversari» hanno scritto Daniele Sparisci e Giorgio Terruzzi, raccogliendo l’indiscrezione in un articolo per il Corriere della Sera che ha fatto il giro del mondo. A 40 anni, quanti ne avrà al suo esordio con la Ferrari, l’inglese cercherà il riscatto dopo le ultime due stagioni complicate. Per farlo, serve una monoposto italiana; anche a lui, come a Marquez in MotoGP. 

Per questa rubrica che parte sempre da un’immagine, da una suggestione, non c’è frame più potente di questa doppia rivoluzione destinata a cambiare l’equilibrio delle due espressioni più alte del Motorsport. Succederà tra pochi giorni in MotoGP, mentre gli appassionati di Formula 1 dovranno aspettare un anno prima di vedere Hamilton su una rossa al Gran Premio d’Italia.

All’entrata del paddock, a Monza, c’è la statua di bronzo di Juan Manuel Fangio a grandezza naturale. L’argentino si presentò all’esordio con la Ferrari a 46 anni e mezzo. Vinse, e alla fine della stagione conquistò il suo quarto titolo mondiale. Però nel tempio della velocità Fangio è ricordato accanto alla Mercedes-Benz W196 con cui trionfò nei due anni precedenti sul circuito più bello del mondo. Proprio la Mercedes a cui Lewis Hamilton oggi dice addio, per incontrare finalmente la Ferrari. Dai, non può essere vero. E invece sì; ogni grande pilota, prima o poi, subisce il fascino della rossa. Che abbia due o quattro ruote.