Riflessioni

Nel giorno di mezza estate, «Svègliati san Giovanni»

La «notte di mezza estate» celebra san Giovanni Battista, un’occasione di festa che ha i caratteri di un vero capodanno e che s’accende dei fuochi di purificazione ma anche di quelli intorno ai quali si svolge il piacere di raccontare, in versi e musica, e di uno spiegare che è antropologia e riflessione.

Tra poco il sole raggiungerà il punto più alto del cielo e per un giorno lì si fermerà e così arriverà l’estate. Subito dopo però, anche se in modo impercettibile, il sole comincerà a decrescere fino a “morire” nelle brume dell’orizzonte all’inizio dell’inverno per poi rinascere nuovo dopo il solstizio di dicembre.
Nel disco che declina lungo il suo cammino discendente qualcuno dice di vedere, già pochi giorni dopo il solstizio, «una testa che brilla nel sole, vederla crescere e poi cadere vedere il sangue bollire nell’oro» (V. Capossela, La Notte di San Giovanni).

Vinicio Capossela, La notte di san Giovanni

Di questa leggenda diffusa in tutta Europa si ricorda anche D’Annunzio nella Figlia di Iorio «E domani è San Giovanni, fratel caro; è San Giovanni. Su La Plaia me ne vo’ gire, per vedere il capo mozzo dentro il sole, all’apparire, per veder nel piatto d’oro tutto il sangue ribollire». Si tratta del volto decapitato di Giovanni il Battista, il cui dies natalis viene ricordato appunto il 24 giugno (fatto di per sé singolare, perché per i santi il dies natalis è quello della morte).
«Occorre che Egli cresca e che io diminuisca», chiarì Giovanni ai suoi: proprio quanto succede al sole da Natale, collocato non a caso pochi giorni dopo il solstizio di inverno, a giugno e dal solstizio d’estate a Natale.

Quando Odisseo torna ad Itaca grazie ai Feaci, si imbatte nel misterioso antro delle Ninfe in cui nasconderà i ricchi doni dei suoi ospiti.
In questa caverna ci sono due porte «l’una volta a Borea, è la discesa degli uomini, l’altra invece che si volge a Noto è per gli dei e non la varcano gli uomini, ma è il cammino degli immortali».
Nell’antichità i solstizi erano chiamati “porte” e quella degli uomini è rivolta a Borea, cioè a nord, perché il sole si trova appunto a nord dell’equatore celeste, e per questa porta si entra nel mondo della generazione, mentre per l’altra si accede agli stati sopraindividuali.
Il Battista quindi sarebbe la “porta” che introduce gli esseri nella “caverna cosmica” ed è per questo che le usanze connesse alla sua festa hanno una funzione di protezione del creato: dai falò che si accendono ancora oggi sula cima delle colline, alle processioni per i campi con le torce accese, alle ruote infuocate che si facevano ruzzolare per i pendii.
Sono fuochi che simboleggiano il sole e scacciano demoni, streghe e prevengono i malanni.
O forse, come ipotizza Frazer, l’accendere il fuoco era la risposta dei primi uomini al sole in declino, affinché la sua fiamma non si spegnesse? Certo è che il momento è delicato: siccità, grandine o alluvioni improvvise possono irrimediabilmente danneggiare il raccolto e indebolire il bestiame… «Svegliati San Giovanni datti un po’ da fare scendi tra noi uomini, scendi dall’altare e libera questa terra dal cerchio di paura e caccia queste tre lune di peste e di sventura» canta Massimo Bubola traducendo da una preghiera-filastrocca salentina.

Massimo Bubola, Svegliati san Giovanni

Dall’isola di Man alla Boemia, dalla Francia alla Norvegia, dal Piemonte alla Sardegna nella notte tra il 23 e il 24 giugno si accendono falò. È un’usanza viva persino presso i Berberi dell’Africa Settentrionale (che pure sono musulmani e come tali celebrano feste in base al calendario lunare…): nella festa di mezza estate, detta Ansara, a protezione dei campi coltivati appiccano fuochi che diano un fumo denso e attraverso i quali fanno passare gli oggetti più importanti della casa e presso di essi si recano anche gli ammalati in attesa di guarigione.
È una notte piena di portenti in cui il fuoco è sacro e l’acqua è magica, tant’è che rotolarsi nell’erba bagnata dalla rugiada purifica il corpo e favorisce la fertilità, e chi si lava al mattino con l’acqua curativa di san Giovanni è a riparo da malattie.
È un’acqua pura che le streghe non possono contaminare in quanto impegnate a volare per tutta la notte (forse alla volta del noce di Benevento, l’albero delle streghe per eccellenza presso il quale si teneva il gran sabba), da quando dalla bocca della testa del Santo sul vassoio si levò un turbine che spazzò in cielo Erodiade e Salomè diventate streghe.

Per le stesse ragioni anche molte erbe che si raccolgono in questa serata magica sono terapeutiche: una su tutte l’iperico, colto dalle fanciulle in cerca del vero amore.
In Grecia e in Italia con analoghe ritualità le ragazze possono prevedere l’imminente matrimonio addirittura vedendo in sogno il volto del futuro marito.
Chi non dorme è invece impegnato a raccogliere le noci ancora verdi per distillare il nocino, ottimo coadiuvante per i momenti critici della vita.
Questa notte di festa ha effettivamente i caratteri di un vero capodanno, e come tale è un momento di licenza e gioia che invano il cardinale vicario Marco Antonio Colonna prima e il governo sabaudo duecento anni dopo tentarono di arginare, è l’energia dell’estate che si appresta.
Purificazione, festa, fecondità, brillare d’estate, le messi e i frutti sono pronti, «San Giovanni, non ci abbandonare!»

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