Acqua siamo noi
«…Sembra quand’ero all’oratorio con tanto sole tanti anni fa…» proprio dal ricordo di un pomeriggio veramente troppo azzurro e lungo e caldo per me, si sviluppa una considerazione sull’acqua come vita, ma anche sulla vita come acqua.
Più o meno a tutti sarà capitato di trascorrere le estati della propria giovinezza in oratorio; alle orecchie di molti sarà sicuramente giunto il canto «Acqua siamo noi, dall’antica sorgente veniamo».
Effettivamente nel dibattito circa la sostanza primaria da cui tutto si sarebbe sviluppato, fu il filosofo Talete a dichiarare per primo che essa consisteva nell’acqua e che sull’acqua poggiava la terra e da essa era circondata; sembrerebbe inoltre che l’acqua fosse anteriore persino all’azione creatrice del mondo «…e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Genesi 1,2) e solo in seguito Dio stabilì «al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra» (Proverbi 8,29).
A ben guardare, anche in Omero la generazione di tutte le cose è il fiume Oceano che circonda la terra e che insieme con la madre Teti è raffigurato come “padre della generazione” inteso non tanto come agente ma proprio come sostanza della generazione.
Nostra sorella acqua è «vita per tutte le cose», annota uno scoliasta; è «la migliore di tutte le cose», canta Pindaro nella terza Olimpica, perché costituisce la prima sostanza vitale, fondamentale ed elementare: nel corpo si trovano le fonti della generazione, la vita si trova nel fluido e nel fluido trova origine, fluido vitale che i Greci chiamavano aiòn, che poi significherà non a caso “tempo della vita” e che viene a mancare al momento della morte (come si trova del resto anche in alcune scene di uccisione nell’Iliade). La psyché abbandona il corpo e giunge alla dimora di Ade dicendo «Sono asciutta per la sete», stando ad alcune formule dal sapore orfico riportate sulle laminette rinvenute in Italia Meridionale e a Creta; se però in vita ebbe una iniziazione riceverà allora dell’acqua fredda a refrigerio (e refrigerium è proprio il luogo dove, secondo Tertulliano, le anime si rinfrescano nell’attesa). Senza dimenticare che nel racconto di Luca, inoltre, è l’anima dell’epulone ad avere un bruciante bisogno d’acqua.
Quando non c’è acqua, non c’è vita e tutto diventa secco, e, nel corpo, le ossa sono inaridite (Ezechiele 37), ma «di nuovo vivranno i tuoi morti, risorgeranno i loro cadaveri. Si sveglieranno ed esulteranno quelli che giacciono nella polvere, perché la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre» (Isaia 26,19).
Questa rugiada è forse «la sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» che Gesù propone alla donna di Samaria?
Insomma, siamo fatti della stessa materia del fiume Oceano da cui secondo Omero discendiamo, immagine presente anche in una xilografia sufi di Gabriele Mandel dal titolo «Pesce anima oceano» e trasferita in vibrante lirismo musicale da Giuni Russo in Oceano d’Amore:
I fiumi lungo i quali noi discendiamo
Come barche verso un unico mare
Un oceano senza confini
Un’acqua eterna di cui si fanno
L’anima e la vita e le nuvole e la pioggia
E i fiumi lungo i quali noi discendiamo
L’anima e la vita e le nuvole e la pioggia
E i fiumi lungo i quali noi discendiamo
Come barche verso un unico mare
Un oceano senza confini
Un’acqua eterna di cui si fanno
L’anima e la vita e le nuvole e la pioggia
E i fiumi lungo i quali noi discendiamo
L’anima e la vita e le nuvole e la pioggia
E i fiumi lungo i quali noi discendiamo
Forse è per questo che già dai primi annunci dell’estate ci si immerge nel mare, in un lago, in un fiume, persino nello stagno più piccolo: per rinfrescarsi, per purificarsi, ma soprattutto per tornare all’origine, alla fonte. Alla fonte d’acqua, per l’appunto.